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A Casa Favilla sono stati tre giorni intensi, forse i più intensi di questa stagione: avevamo in programma le Letture Palestinesi, un seminario intensivo e Pulìn che ha liberato la luna.
Siamo arrivati con la leggerezza di chi torna a casa, con il petto già spalancato agli abbracci e le dita dei piedi cariche di saltelli. Ci siamo fatti una doccia, poi due, poi tre, in qualche modo al caldo feroce bisogna sopravvivere, ci siamo stretti con chi c’è sempre, con chi arrivava da lontano e con chi non ci aspettavamo e abbiamo attraversato le letture senza spegnere le luci, guardandoci tutti negli occhi, arrabbiati e orgogliosi e grandi. Grazie per averci lasciati entrare così. Grazie per il regalo meraviglioso e inaspettato di Ogni mattina a Jenin, per le foto ad ogni poesia, per aver condiviso con noi Dear Gaza I’m Sorry per la prima volta, per gli abbracci stretti. Grazie Ashtar teatro, abbiamo lì ogni pensiero. Abbiamo suonato la chitarra fino a tardi, da Chavela Vargas agli Skiantos, dondolato con le ultime forze, ascoltato l’inedito della gallina Rosina finchè non ci si sono chiusi gli occhi e coccococcococcodè.
I due giorni di seminario intensivo sono stati molto intensivi. Abbiamo sudato via anche l’anima. Bello, bellissimo il lavoro fisico con 36 gradi, un’esperienza che ti tempra.
Abbiamo solo parole belle per chi ha scelto di farsi condurre in barba alla calura. Siete stati generosissimi, attenti, avete ribaltato i testi completamente d i vostri corpi pure, siete stati una sorpresa magnifica. È stato faticoso, fertile e divertentissimo, se non fosse che così la gente muore saremmo andati avanti tutta la settimana. Grazie, che meraviglia siete stati, grazie.
Siamo arrivati a Pulìn lievemente affaticati. Abbiamo fatto appello a tutte le nostre forze residue per riuscire ad entrare nel bosco ed uscirne vivi. Pulìn ha iniziato a raccontare appoggiato a quella terra mamma, sicuro che lei l’avrebbe sorretto fino alla fine. È spuntato dal fango, ha trovato il respiro, si è sdraiato a veder la luna, E’ STATO ASSALITO DALLE FORMICHE ROSSE.
Tante. Ma tante. Che poi uno pensa che la sera se ne vadano a dormire, si ritirino nel formicaio, abbiano di meglio da fare che assalire la gente, e invece la sera sono più cattive. Forse le abbiamo svegliate. Pulìn ha trovato la luna percuotendosi violentemente il braccio sinistro, non sappiamo con quanti caduti ma sappiamo con quanti improperi.
È stato un racconto fondo, senza fiato, pieno di terra e fango fin nel respiro. È stato trovare la coda e perderla, occhi che ti guardano come fossi un regalo e lungamianti che respirano sulle colline, è stato violento e vivo come la primavera. Grazie per aver messo il muso nel bosco, per le parole grandi e dolci e le lacrime bambine, grazie per essere rimasti in quel buio spesso con le zampe nella terra ed il muso tra le foglie, grazie per aver visto il buco. Grazie per aver portato Pulìn fino alla fine.
Chiara, Filo, Seba, Artu, non abbiamo abbastanza parole per dire che bello è stato, che bello è sempre. Abbiamo solo l’anima gonfia di bellezza. Grazie.