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Sabato 17 eravamo a casa, con persone che sono casa, sui prati di casa, a portare le letture palestinesi.
È sempre semplice e dolcissimo tornare da Paolo e Simona, vedere quanto tutto sia pronto, sentire quanto bene c’è, e quest’anno, forse, lo era pure di più. Ci siamo abbracciati stretti, abbiamo lentamente aumentato gli strati di vestiario, ci siamo raccontati e ricordati e abbiamo sistemato il volume dei microfoni da spettinare la prima fila. Abbiamo guardato entrare un pubblico bello, alto, grande, con mani aperte e occhi che luccicavano in mezzo al prato, vivi, ma vivi, ma vivi. Sono state letture bellissime, straripanti, cariche di gioia e di pianto, eravamo storditi da quanto foste presenti in ogni respiro, in ogni silenzio, da quanto ancora c’era da dire e dal fatto che dovesse essere detto, da quanto tutto questo fosse insieme, insieme le letture, insieme il carico, insieme la traiettoria. Grazie per averci riempiti così. Per le domande, le foto, il brachetto e il liquore di sambuco, per le poesie che pesano e per quelle che sollevano, grazie per averci regalato una sera così appena prima di un temporale.
Grazie simona e Paolo, grazie perché ci mettete sempre tutto quello che avete, tutto l’affetto e la sapienza e il cuore, siamo fortunati ad avervi. Grazie.