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Venerdì 9 siamo arrivati al Rifugio Giudo Muzio in tempo per intercettare Paolo prima che la cucina lo risucchiasse. Ci siamo pucciati in un bicchiere di vino, abbiamo rosicchiato pane carasau e storie di valanghe e di germogli, conoscendoci di nuovo come dopo una muta. Paolo aveva preparato una cena palestinese, e già questa cosa, da sola, è stata una carezza al cuore. Vedere e assaggiare la cura, il cous cous e le verdure, sapere che qualcuno aveva preparato tutto con dolcezza e tempo e anguria ci ha portati ai leggii con il petto spalancato.
Abbiamo attraversato le Letture per un pubblico attento, luccicante, pieno di fiducia, con le guance appoggiate ai palmi e gli occhi lanciati in avanti o con gli occhi socchiusi e la bocca piegata, grazie per esservi affidati, per non averci mollati mai, per i tomi spulciati, per i pensieri che valicano il mare.
Grazie Ashtar teatro, lo diremo ogni volta e ogni volta sarà vero, per il vostro lavoro e il vostro coraggio.
Grazie a tutti i ragazzi del rifugio per la voglia, le chiacchiere, per averci obbligati al bicchiere della staffa e grazie Paolo, grazie infinite, perché è stato così bello, così stretto, grazie per il sonno e il genepì e i pensieri che ci precedono, per gli occhi che hai sul mondo, per le chiacchiere finalmente, grazie per aver avuto così tanta cura di questo progetto. Siamo ripartiti pieni.