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Venerdì 2, per la prima volta, abbiamo visto il Corno alle Scale dall’altro lato, dal monte di fronte. Siamo saliti fino al lago Scaffaiolo pieni di benedizioni per l’aria che si faceva frizzantina e di protezione solare perché prima o poi persino noi impariamo. Arrivare in un nuovo rifugio ci fa sempre sentire giovani marmotte che esplorano l’inesplorato, inesplorato magari solo da noi ma facciamo che vale lo stesso, e salire al Rifugio Duca degli Abruzzi aveva quella meraviglia della montagna aperta, spazzata dal cielo, con i mirtilli che sfidano il mondo e il mondo che si accuccia ai piedi dei sentieri e sembra più grande, più dolce e più distante. Abbiamo conosciuto Antonio, Lucia, Mariapaola e Stella, e Duna la Dolcissima che inaspettatamente ha fatto innamorare pure Layla (e che belle che erano a farsi gli agguati tra i tavoli), abbiamo visto il lago luccicare e i muli pascolare liberi con quei musi teneri. Abbiamo mangiato un piatto di polenta che ragazzi la generosità è sempre apprezzata ma questo è un attentato, una carrettata di polenta troppo buona per smettere di mangiare ma a mangiarci in due o tre ci si sfamava tutti serenamente, abbiamo visto, per la pima volta, un temporale dall’alto, assaggiato il liquore di Mirtillo, piagnucolato di gioia quando ci è stato offerto un letto su cui fare un pisolino.
Lidia si è raccontata dentro il rifugio mentre fuori il vento pettinava la montagna, tutti stretti nella sala come ad una veglia, belli, vicini, con gli occhi lucidi e le mani strette, sorridendo sempre, sempre, sempre, ed è stato intimo e universale, forte come le dita dei piedi aggrappate alla terra, grazie per averci permesso di raccontare così. Grazie per essere tornati, per essere venuti da distante, sulla fiducia, grazie per aver aperto le mani e avercele porte da subito. Grazie per averci regalato un battesimo così, allo Scaffaiolo. Grazie Antonio per averci fatti sentire a casa immediatamente, grazie per averci dato un posto in cui non vediamo l’ora di tornare. E grazie montagna bella, il temporale visto dall’alto toglie il fiato.